Ritornare a volare

 

CharlesNell’agosto del 2002 ho avuto l’opportunità di compiere un viaggio estremamente interessante in Russia, visitando Mosca, l’Anello d’Oro e San Pietroburgo. Naturalmente la capitale dell’ex URSS non è propriamente dietro l’angolo, quindi per poterla raggiungere mi sono dovuto sciroppare diverse ore di volo con Air France, la soluzione più praticabile da Torino. Dopo il viaggetto di collegamento Caselle – Parigi Charles De Gaulle, mi imbarco sull’aeromobile che mi avrebbe dovuto scodellare a Mosca dopo una bella traversata sull’Europa Occidentale (sempre meglio che farsela a cavallo o a piedi come fecero gli eserciti napoleonici).
Mentre l’hostess descrive con sapienti mosse da mimo d’altri tempi la solita tiritera sulle uscite di sicurezza e sulle mascherine per l’ossigeno, l’aeromobile guadagna lentamente la pista per il decollo, passando attraverso numerosi raccordi congestionati come un impermercato il 24 di dicembre. Osservo incuriosito il fitto andirivieni di quegli incredibili mezzi creati apposta per consumare la loro esistenza in cattività negli aeroporti, in attesa che la fila di aeroplani prima di noi spicchi il volo per lasciarci libera la pista.

Finalmente l’aereo ha la lunga lingua di asfalto davanti a sé completamente libera e inizia ad accelerare per vincere la gravità e librarsi nel cielo sopra Parigi. Con quel labile filo di apprensione che pervade qualsiasi bipede privo di ali, lancio un’occhiata dal finestrino al motore e noto che emette un fumo più nero e denso del solito. L’aereo continua la sua corsa a terra ancora per qualche centinaio di metri e finalmente decolla, ma qualcosa non va come dovrebbe. Il motore di destra, quello a pochi metri dal mio naso, vibra e non sembra essere in grado di raggiungere la potenza generalmente utilizzata per prendere quota. Nessuno a bordo sembra dare particolare importanza a quell’enorme cilindro di metallo appeso sotto l’ala che continua a sputare fumo nero, sarà solo autosuggestione, penso, mentre mi accorgo di avere le mani gelide e sudate. Un coniglio volante.

AirfranceairbusPassano pochi minuti e “ding”, il pilota con tono pacato e rassicurante si mette a parlare con quei duecento passeggeri che ha da poco trascinato a qualche migliaio di metri da terra: “A causa di un problema tecnico al motore di destra, che non risponde correttamente ai comandi, siamo costretti a rientrare in aeroporto. Ci scusiamo per il disagio”. Dopodiché, sempre dall’interfono parte una musichetta new age, mentre i passeggeri si scrutano l’uno con l’altro ora con angoscia, ora con ostentata sicurezza.
Nei quindici minuti seguenti, tra i più lunghi della mia vita, lo stramaledetto Airbus azzoppato compie continue virate per mantenersi vicino all’aeroporto, in attesa che a terra sia tutto predisposto per il nostro atterraggio di emergenza. Il motore di destra continua a fumare come un turco tra una giravolta e l’altra, lo scruto dal finestrino e intanto mi accorgo di non avere paura, ma di essere abbastanza indignato: non ci si schianta come moscerini nella campagna francese a 20 anni, “ho ancora un casino di cose da fare!”.

Mentre continuiamo il nostro volo a bassa quota, il pilota ci avvisa di aver finalmente ricevuto l’OK per l’atterraggio e ci raccomanda di starcene seduti con la testa in avanti e di non preoccuparci, e non c’è frase al mondo migliore per far preoccupare qualcuno. L’aereo perde quota e oscilla vistosamente prima di toccare il suolo con una discreta violenza, la baracca resiste bene al colpo e inizia una lunga frenata. Poco prima di arrestarsi lievemente inclinato sulla pista, noto un’orda di camion dei pompieri e mezzi di soccorso che si accalcano affianco al velivolo.
Il motore incriminato, bontà sua, ha ormai smesso di fumare mentre alcuni tecnici lo osservano dalla pista. Dopo una decina di minuti, il drago di latta volante ferito viene tratto nella zona di parcheggio dell’Air France. Scendo dall’aereo e vinco la fortissima tentazione di inginocchiarmi e baciare la terra, un bel bacio alla francese con il Tarmac. Ma non c’è tempo, un’oretta e si riparte; forte della statistica, o della disidratazione, non mi sudano più le mani.

26 Comments

  1. Non ci sara` mica stato qualcuno dei sindacati o, addirittura il mitico berlusca su quel volo? Potrebbe essere una spiegazione.

  2. anek, ma dillo subito che lavori a parigi per l’air france! senti, se avessi bisogno di un volo (non per mosca, please), me la fai una tariffa low cost:)

  3. Però che disavventura.Per fortuna è bene ciò che finisce bene.
    Anch’io ho sempre sostenuto che solo Air France poteva salvate Alitalia. Non sono pilota e a Parigi ci sono andato quest’anno per la prima volta.
    Buona serata
    Fino

  4. Anche se l’autore della mail è un poveretto ed uno sprovveduto, è stato lo spunto per farti raccontare simpaticamente questa avventura, per fortuna, finita bene. Dal che si desume che gli sciocchi non sono del tutto inutili.
    luigi

  5. Anec, ecco finalmente spiegato (e con dovizia di dettagli) quello che ti era successo. Ricordo un tuo commento al mio post di dicembre scorso, dove in poche righe mi dicevi che avevi anche tu provato il brivido di un atterraggio di emergenza. Niente male come esperienza! Concorderai con me che la cosa più bella è poterlo raccontare.
    In quanto alla Air France, come diceva padre Dante, non ti curar di lor, ma guarda e passa. Chi scrive fesserie del genere si merita un bel viaggio intercontinentale con un equipaggio Alitalia al massimo della propria espressività.
    Ah, tornando al racconto dell’atterraggio di emergenza. Spesso sei capace di esprimere concetti con pochissime parole. Vere fotografie istantanee sul foglio (elettronico). Tra tutta la descrizione, trovo eccezionalmente efficace, icastica quasi, questa: un coniglio volante. Davvero geniale.
    a presto,
    HP

  6. Ma che simpatico carteggio. Arguisco che se tu che eri per l’acquisto da parte di Air France per questo fatto sei identificato come dipendente AF, allo stesso modo il tuo allegro corrispondente lo è di Alitalia. Niente insulti per le mamme?

  7. Tutto è bene quel che finisce bene! Un grazie al pilota Air France che ha riportato a terra l’amico Anec, certamente un po’ spaventato, ma sano e salvo per la gioia di tutti noi. Per cui…non tacere Anec e vai avanti per la tua strada come sai. Un abbraccio, Fabio.


  8. @ Antonio
    a bordo c’era anche mia madre, ha anche lei molta paura di volare, ma fortunatamente non ha capito bene cosa stesse accadendo e si è allarmata meno del previsto 🙂
    @ ma.ni
    credo fossero entrambi aggrappati al motore incriminato 😀
    @ bour
    come no? al momento la mia flotta conta un’unica unità: un motocarro apre 😛
    @ fino
    ahaha, ottima precisazione! piaciuta Parigi?
    @ luigi
    non ci avevo pensato, riflessione quasi zen la tua 🙂
    @ hp
    uao, mi fai sempre tanti complimenti… finirò per crederci! 😉 hai una memoria formidabile, avevo quasi rimosso quel mio commento dai miei ricordi, leggo sempre anche io con interesse le tue fantastiche avventure in giro pel mondo! 🙂
    @ pfd’ac
    no, ma non escludo una seconda puntata 😛
    @ fabio
    che caro, grazie mille Fabio! sono anche le persone come te che mi spingono a esprimere ciò che penso, proprio per condividere idee e pensieri con lettori speciali 😉
    anecòico

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