Dal 2007, Ashley Gilbertson fotografa l’assenza. Fotoreporter dell’Agenzia VII, Gilbertson ha deciso di immortalare le stanze da letto dei soldati americani caduti al fronte nei conflitti in Afghanistan e Iraq. Le camere ritratte sono rimaste sostanzialmente uguali al giorno in cui furono abbandonate dai loro occupanti, pronti per salutare amici e famiglia e servire nelle forze armate.
Sospese nel tempo e nello spazio, le stanze degli scatti di Gilbertson illustrano con efficacia un vuoto impossibile da colmare, un’assenza destinata a non avere fine. Le fotografie in bianco e nero, a tratti metafisiche, sono state pubblicate sul New York Times Magazine dopo una attenta selezione da parte del fotoreporter. Le 19 stanze appartengono ad altrettanti soldati periti in guerra e ricordati dal Washington Post nella toccante sezione del proprio spazio online “Faces of the Fallen”, un album che propone i volti delle oltre 5.300 morti americane nelle operazioni Enduring Freedom e Iraqi Freedom.
Premiato per i propri scatti realizzati al fronte, da qualche anno Gilbertson ha deciso di raccontare la guerra sotto un nuovo punto di vista, meno esplorato e in grado di destare ancora qualche reazione nell’opinione pubblica, assuefatta allo stillicidio quotidiano delle morti in Iraq e Afghanistan. I reportage fotografici di Gilbertson sono ora dedicati agli effetti e alle conseguenze della guerra in patria e raccontano l’assenza di chi non tornerà più, come nel caso dell’album sulle stanze da letto dei private, o il percorso di sofferenza dei soldati rimasti gravemente feriti o con gravi disordini mentali dovuti agli stress subiti al fronte.
Molti giovani soldati tornano da laggiù con una mente devastata dalla paura e dagli incubi. A volte sono sufficienti alcuni mesi e l’assistenza di uno psichiatra per ottenere un recupero, ma nei casi più gravi le cure possono poco e gli spettri continuano a costellare l’immaginazione di chi è tornato. Ne ebbi testimonianza diretta qualche anno fa, quando una mia cara amica del Montana mi raccontò il ritorno negli States di un amico andato al fronte. Le furono sufficienti pochissime parole: Non è più lui.
Pierbacco
Agghiacciante. E lo è ancora di più pensare alle camere nelle quali sono rimaste giovani mogli e figli piccoli. Pierbacco
salvatore Torino
Chissà se in quei paesi ( Iraq e Afghanistan, intendo) qualcuno ha avuto la stessa idea..
Sono molte di più le giovani donne, e i bimbi piccoli, che una camera da fotografare non l’hanno più, per mano di questi eroi..
Da quelle parti dubito che esista una pensione di guerra, medaglie..
Le vittime civili non hanno scelto se partire volontarie, sono morte senza le luci di alcun fotografo di grido che titilla le lacrimucce dei “buoni”..
La guerra è guerra, la morte è la stessa per tutti, d’accordo, ma perchè qualcuno non gode della stessa ribalta mediatica di qualcun altro?