Per fare qualche considerazione sulla condanna a sei anni di reclusione per i sette componenti della Commissione grandi rischi ai tempi del terremoto all’Aquila (2009), occorre sgombrare il campo da alcuni fraintendimenti che continuano a circolare. Come spiegò efficacemente già lo scorso anno Nicola Nosengo, che ha seguito con attenzione il caso, i pubblici ministeri non hanno accusato i tecnici e gli esperti della Commissione di non aver previsto il terremoto più forte (anche perché allo stato delle conoscenze era impossibile farlo), quello di magnitudo 6.3 che causò la morte di oltre 300 persone, ma (semplifico) di negligenza professionale nel determinare i rischi nel caso di una grande scossa, che avrebbe poi influito sulla scelta di alcune persone causandone, indirettamente, la morte.
Il processo non ha riguardato tutte le persone morte, ma solamente 32 casi messi insieme sulla base di singole denunce. Di questi si è discusso nel processo, con l’accusa che ha cercato di dimostrare come le dichiarazioni di alcuni componenti della Commissione contenessero toni eccessivamente tranquillizzanti, o messaggi contraddittori, che avrebbero poi indotto alcune persone a rimanere nelle loro abitazioni, dove si verificarono crolli che si rivelarono mortali in quella notte del 6 aprile. Omicidio colposo, dunque.
L’esempio classico di questi messaggi inadeguati è l’intervista che l’allora vicecapo della Protezione civile, Bernardo De Bernardinis, diede a una televisione locale poco prima di iniziare una riunione con la Commissione il 31 marzo. Incalzato dal giornalista, che cerca chiaramente rassicurazioni dopo settimane di scosse nella zona, De Bernardinis usa toni tranquillizzanti, ricordando comunque di non essere lì alla riunione in veste di tecnico e di voler quindi attendere l’analisi degli esperti. Invita a non farsi prendere dal panico e ricorda che “non c’è un pericolo, io l’ho detto al sindaco di Sulmona” dove ci fu un falso allarme.
Come fa notare anche Marco Cattaneo, De Bernardinis fa comunque un errore sostanziale dicendo una cosa che scientificamente non sta in piedi: «Gli scienziati continuano a dirmi che non c’è un pericolo, anzi la situazione è favorevole perché c’è un rilascio continuo di energia». È scorretto, gli eventi sismici non funzionano così e questo forse, sì, tradisce il desiderio di rassicurare più del dovuto la popolazione. Era una frase evitabile (quella del vino e l’annessa polemica è una fesseria, il nostro risponde a una domanda complice del giornalista) e una persona in quel ruolo si sarebbe dovuta attenere di più alle proprie prerogative: dire le cose concrete che si sanno e tacere su quelle su cui non si hanno elementi.
In compenso, nel verbale della riunione di quel 31 marzo continuo a non trovare nulla di strano, di impreciso o che possa far sorgere qualche incomprensione. I tecnici e gli esperti concordano tutti nel dire che allo stato delle cose era noto che c’era una attività sismica che si protraeva da settimane, ma che non significava che questa potesse portare a eventi sismici di magnitudo elevata, del resto non prevedibili. So che suona come una frase rituale, ma probabilmente se ne capirà qualcosa di più quando saranno state pubblicate le motivazioni della sentenza.
Sulla base di quanto sostenuto dall’accusa, le cui tesi paiono essere state accolte dal giudice alla luce delle condanne, mi sono fatto l’idea che ai sette della Commissione grandi rischi non sia stata contestata solamente la mancata valutazione degli eventi precursori alla scossa di magnitudo maggiore che sarebbe avvenuta qualche giorno dopo la riunione (tema scientificamente spinoso, quello degli eventi precursori, e ancora con grandi incertezze). I pm hanno contestato la mancata valutazione dei danni che si erano già verificati sul territorio con le scosse delle settimane precedenti e, soprattutto, come si potessero attenuare i rischi (un ottimo riassunto della vicenda, sempre di Nosengo, lo trovate sul blog di Nature, in inglese).
Per capire meglio la faccenda, come avevo fatto nel decalogo sui terremoti a giugno, è bene ricordare che “pericolo sismico” e “rischio sismico” non sono la stessa cosa. Era il punto otto:
Ricorda che “pericolo sismico” e “rischio sismico” non vogliono dire la stessa cosa. Il primo indica la probabilità che un certo evento si verifichi in una data area in un determinato periodo di tempo. Il secondo, invece, è la stima economica delle perdite riferite a un evento in un determinato periodo di tempo in una data area. Le mappe come questa indicano quindi il pericolo sismico.
Nel processo si è parlato principalmente di rischio sismico e della sua valutazione, che spettava alla Commissione grandi rischi. Altro lo potremo capire con le motivazioni della sentenza. E c’è molto da capire, perché leggendo la relazione dopo la riunione del 31 marzo continuo a chiedermi su che base il giudice abbia ritenuto tutti colpevoli in egual misura e quindi da condannare a sei anni di carcere.