Dunque, ricapitoliamo: un uomo di estrema destra piazza una bomba nel centro di Oslo che causa la morte di otto persone, poi raggiunge un’isola poco distante dalla capitale norvegese, si finge un poliziotto e con alcune armi uccide 68 persone, per lo più adolescenti. È uno di quei casi in cui i fatti parlano da soli, in cui la portata e la gravità di quanto accaduto supera di gran lunga la necessità di usare sensazionalismi e parole fuori misura. Perché è lo stesso un fatto fuori misura, una cosa inimmaginabile, pomparla ulteriormente non ha nessun senso. E se ti occupi di uno dei giornali più letti in Italia lo sai sicuramente.
Questa è la homepage del sito di Repubblica di sabato scorso, a circa 24 ore dall’attacco in Norvegia e vale la pena, per una volta, analizzarla. Partiamo dal titolo principale: “Oltre 90 morti, decine di ragazzi inseguiti e uccisi”. Nel momento in cui ho fatto lo screenshot la polizia norvegese aveva già comunicato da ore che i morti stimati erano 92 (stima rivista fortunatamente a 76 ieri pomeriggio, lunedì), non uno di più e non uno di meno. “92 morti” ha però un impatto diverso rispetto a “oltre 90 morti”, stima più approssimativa che allude alla possibilità che le persone morte possano essere molte di più (e quello di sparare il numero più alto, il più pessimistico, è diventata ormai un’abitudine). Il “decine di ragazzi inseguiti e uccisi” rafforza la prima parte del titolo con “oltre 90 morti” e ribadisce che, sì – anche se sei distratto, ci sono un sacco di persone che hanno perso la vita. Poi c’è il “Video” in rosso che attira ulteriormente l’attenzione e ti porta a vedere un filmato, che manco sai che cosa sia, anche se immagini che sia strettamente legato all’inseguimento di decine di ragazzi inseguiti e uccisi (non lo è).
Il norvegese non è “arrestato” come un comune mortale, ma “preso” come un animale. E ha comunque un “profilo su Fb”. Leggendo ancora scopriamo che il norvegese “è cristiano fondamentalista” e che il giornale prende le distanze da questa affermazione usando un virgolettato, come se ce lo stesse dicendo qualcun altro. Molti giornali italiani online usano questo sistema quando non vogliono esporsi troppo con un titolo: mettono un bel virgolettato per affermare qualcosa, ma facendo finta che l’abbia detto comunque qualcun altro per non avere troppe responsabilità.
La titolazione prosegue con un titolo in rosso in bella evidenza “Il killer in azione senza pietà”. A questo punto sappiamo che questa persona ha ucciso “oltre 90” ragazzi e anche il più arido e meno ricettivo lettore di questo mondo ha capito che si tratta di un folle omicida. Il “senza pietà” non aggiunge nulla, solo un po’ di urlato sensazionalismo del tutto superfluo.
Infine ci sono i titoli sibillini che rimandano a contenuti spesso diversi da quelli annunciati in prima pagina: “i sopravvissuti” rimanda a una galleria fotografica dei feriti a Oslo, non dei sopravvissuti di Utøya; “in mare” a una galleria fotografia di gommoni sull’acqua dei soccorsi, ah e Utøya tecnicamente si trova in un lago, il Tyrifjorden; “i siti” è una raccolta di screenshot degli altri siti di informazione nel mondo e che usano in buona parte una titolazione fredda eppure efficace per raccontare cosa è successo in Norvegia; “la fuga” rimanda a un video che mostra l’isola; “l’isola” a una galleria fotografica titolata sobriamente “Utøya, l’isola della morte”.
Nelle stesse ore i siti web delle principali testate editoriali online titolavano così:
– CNN: “80 morti negli attacchi in Norvegia”
– Le Monde: “90 morti nei due attacchi in Norvegia”
– Wall Street Journal: “Un’esplosione e una sparatoria uccidono 87 persone in Norvegia”
– Guardian: “Attacchi in Norvegia, la stima dei morti sale a 80”
– Spiegel: “80 morti nel doppio attentato in Norvegia”.
Poi volendo ci sono anche i titoli con “il giallo del ragazzo col coltello” (c’è sempre qualcosa che “è il giallo”), il titolo sulla folla inferocita contro l’attentatore che rimanda a una galleria fotografica di strade deserte con l’auto che scorta l’accusato e qualche persona con le mani in tasca che osserva, e ancora il titolo degli “eroi” del campeggio di Utvika che rimanda a una galleria fotografica con cinque scatti della stessa persona. Ma, ok, basta così.
Teo
A proposito di titoli e urla a sproposito: sono di Torino è ieri ho vissuto il terremoto. Ecco sfido chiunque fosse in zona ieri alle 14:30 a “urlare” “Forte scossa di terremoto”, “panico nella popolazione”, etc.
Avete mai abitato in un palazzo che confina con una via dove passa il tram? Ecco uguale! Forte scossa! Ma per piacere!!!!
Fender
Repubblica, è un giornaletto estremamente ridicolo…
Sinigagl
Ma non è una prerogativa di Repubblica. Anche il Corriere titolava grosso modo nella stessa maniera. La tecnica di fare titoli urlati, “scandalistici” è nota in tutta la stampa italiana: pure il mio giornale di provincia la adotta quotidianamente.
Possiamo sempre scegliere | what is left?
[…] Menietti del Post analizza sul suo blog il modo in cui Repubblica ha gestito la notizia della strage in Norvegia. C’è parecchia roba […]
DB
Devo spezzare una lancia per Repubblica per un piccolo particolare, il virgolettato “Cristiano fondamentalista”. Si tratta di un’espressione usata dalla polizia norvegese che sta avendo e avrà parecchia fortuna nei prossimi giorni soprattutto perché giustapposta ai primi sospetti di una matrice islamica. In realtà è chiaro che non si tratta di un “fondamentalismo cristiano” ma di un gesto di matrice politica. Avrebbero dovuto scrivere, senza virgolette, “è un estremista di destra”: semmai la cattiva prassi in questo caso è usare quelle espressioni che vogliono dire tutto o niente e che coniate da qualcuno si diffondo e diventano delle definizioni vaghe e fuorvianti, proprio come questa.
Almeno nella mia opinione, ovvio.
jack
molto bene, bravi voi. analisi puntuale e precisa di cose di cui ormai ci stiamo accorgendo sempre di più, tanto che da ex fan di repubblica ormai non apro più nemmeno la loro pagina, e fatico anche a leggere il giornale se si esclude qualche firma.
GiuSci
Abbastanza d’accordo: il “sensazionalismo” sarebbe da evitare sempre, sei un giornalista, non un romanziere. E con i profili fb, ormai citati e depredati da tutti i giornali, si è raggiunto il limite minimo. Detto questo, la Repubblica resta il mio quotidiano preferito sulla carta, ma online leggo solo il Post :p
Heiland Stark
Ad analisi fatta cosa ne concludiamo (di diverso da quanto studiavo nel 2000 all’Università circa il sensazionalismo ricercato e ridicolo dei giornali)?
A) Che i giornalisti delle grosse testate ed i direttori sono dei Signor Qualunque al posto sbagliato ed al momento sbagliato.
B) Che il pubblico che continua a comprare dette testate mantenendole tra i giornali più letti del Bel Paese sia costituito da gente alla quale non dispiace poi tanto il sensazionalismo giornalistico, televisivo, culinario…
Purtroppo nulla di nuovo sotto il sole. E per fortuna la gente (o una parte) che legge ilPost (e i suoi autori) ha già fatto una scelta in merito.
I quotidiani nazionali hanno da tempo abdicato al loro mestiere.
HS
Marco
Vedere il commento di Merlo di stamane: davvero desolante…
Saluti
Il mare senza pietà intorno a Utøya « Multifinder
[…] Emanuele Menietti ne dà un altro ottimo esempio citando la home page di Repubblica il giorno delle stragi in Norvegia. I titoli sono pensati apposta per attirare le curiosità più morbose (se i morti sono più di novanta mi viene voglia di tornare di tanto a vedere se sono aumentati), il riferimento a Facebook rimesta nella convinzione di molti che su Internet si sfoghino i peggiori impulsi umani, l’isola di Utøya (il cui nome ovviamente è scritto senza la sbarra che taglia la “o”) si trasferisce da un lago al mare. […]
hikki
Dopo i titoli sensazionalistici e articoli privi di fondamento con foto prese a caso in giro per la rete con cui questo giornale ha trattato l’argomento “Giappone” ho smesso di considerarlo un quotidiano attendibile.
vuesse gaudio
@marco: no, grazie: mi è bastato, e sopravanza, vedere(e leggerlo anche) il commento di Claudio Magris ieri!…
barbamauro
Mi ricorda cosa facevano i “birricchini”, gli strilloni dell’ottocento da te citati nel tuo libro. Probabilmente l’intento è lo stesso: vendere.
massi
Mah mi sembra che siamo tutti bravi come al solito ad andare contro l’italia, e i giornali stranieri sono meglio, la tv è migliore, etc etc (poi se si parla di Repubblica piace a molti criticarla, sta di fatto che resta il miglior sito d’informazione in Italia, e di gran lunga il più letto). Ora scandalizzarsi per titoli all’apparenza urlati mi sa di solita spocchiosa e retorica moralità bigotta italiana. Visto che qualsiasi altro sito nel mondo fa così se non peggio. Qua ho persino letto qualcuno che ha avuto addirittura da ridire su come Rep. ha trattato la tragedia giapponese, direi a costui i farsi un giro per il web e poi ne riparliamo, Rep in quel caso non ha fatto nulla i più ne di meno dei maggiori siti d’informazione mondiali. Detto questo secondo voi come andava titolata la strage norvegese? scritto in piccolo magari “pazzo uccide molti ragazzi in un isola norvegese” omettendo il numero delle vittime che purtroppo saliva di ora in ora? non capisco e soprattutto non vi capisco.
PS mi spiegate come mai il Post non ha analizzato anche (quella si scandalosa) la scelta di Corriere.it di mettere in home le foto dei ragazzi uccisi, con accanto le sagome stile indovina chi? di quelli ancora dispersi? embè me lo spiegherete…
Marco B.
La cultura della furia, della angry mob, del dalli dalli. Italiana DOP. Tutti inkazzati, così occupati a leccarsi le ferite e a farsi del male che quando mai pensano a darsi una mano. E’anche una strategia. Se ognuno deve badare a sè, anzi difendersi dal suo simile, deve avere una casa per sè, un’auto per sè, forse anche una scuola, un’ospedale, un avvocato, un poliziotto per sè. Pensa ai fornitori di servizi se si facesse tutti collo stesso forno, tutti colla stessa connessione, colla stessa auto. E poi i governanti. I gladiatori nell’Arena siamo noi, di volta in volta ricolorati con questo o quel vessillo, sempre a due a due, sempre inconciliabili e irragionevoli. E come in un peplum dozzinale non è detto che qualche togato alto papavero se ne stia a mangiar grappoli d’uva senza temere che quelli sotto lo vedano.
Marco B.
Sì, però ha ragione chi dice che ci sono molti altri produttori di urla in giro per il mondo e che ormai è fenomeno internazionale. Ma lungi da me dire “così fan tutti” e finirla lì
«Visse tre volte» | CattivaMaestra | il Post
[…] ma alla fine mi sono reso conto che, con soggetti diversi, valgono le cose che avevo scritto tempo fa per i fatti di Utøya. […]
Uovo o gallina | CattivaMaestra | il Post
[…] dei quotidiani più letti in Italia, mi limito ad aggiungere un corollario a quanto avevo scritto qui: il problema non è tanto chi mette insieme una cosa simile, ma chi ci clicca […]