Non sono un grande impallinato di automobili e automobilismo. Per un certo periodo sono riuscito ad appassionarmi alla Formula 1, diciamo dagli ultimi anni con Alesi in Ferrari al primo ritiro di Schumacher, poi i gran premi sono diventati sempre più noiosi e il tifo si è trasformato in visione disinteressata utile come viatico alla pennichella della domenica pomeriggio. Non acquisto riviste sulle automobili e non sono un grande esperto sugli ultimi modelli, in compenso seguo Top Gear, come circa altri 350 milioni di persone là fuori.
Il programma della BBC condotto da Jeremy Clarkson, Richard Hammond e James May si occupa di automobili, certo, ma con uno stile leggero e british lontano anni luce dalle semplici e banali recensioni delle nuovo auto di altre trasmissioni. I tre conduttori sono molto abili a fare i cazzoni, si tratti della presentazione dell’ultima BMW o di imprese improbabili e spericolate che passano dall’attraversare il Vietnam in motorino a creare automobili galleggianti, o un treno formato da un’automobile e quattro roulotte.
A luglio è iniziata la diciassettesima stagione di Top Gear e Clarkson, Hammond e May hanno avuto la possibilità di fare qualche giro di pista del tracciato di Formula 1 di Monaco. Ognuno aveva insieme un mentore, qualcuno esperto di corse per prendere dimestichezza con la pista. A May, chiamato dagli altri due Captain Slow per la sua tendenza a schiacciare poco sull’acceleratore, è capitato Flavio Briatore visibilmente preoccupato per lo stile di guida del suo compagno di viaggio. Ed è stato tutto un «Jesus Christ». A ogni curva, a ogni staccata, a ogni cordolo.