Ieri con un breve discorso, a tratti commosso, Piero Fassino ha tenuto il suo ultimo intervento da deputato alla Camera. Fassino era in Parlamento dal 1994, ha fatto parte delle legislature dodicesima, tredicesima, quattordicesima, quindicesima e sedicesima e ha deciso di dimettersi in seguito alla sua elezione a sindaco di Torino dello scorso maggio, facendo a meno di un doppio incarico cui molti altri deputati e senatori non riescono proprio a rinunciare.
L’Espresso segnala che ci sono almeno 120 parlamentari con doppi incarichi, accumulati nelle diverse tornate elettorali. Trentancinque di questi sono contemporaneamente sindaci e membri del Parlamento. Il testo unico del 1957 stabilisce che chi è presidente di provincia o sindaco di città con più di 20mila abitanti non può essere eletto deputato, ma non esistono invece norme esplicite che sanciscano il contrario, cioè che un deputato possa assumere la carica di sindaco o la presidenza di una provincia con più di 20mila abitanti. Spetta alla Giunta delle elezioni esprimersi sulla compatibilità e quasi sempre chi ha un incarico finisce per tenersi anche l’altro.
Fassino ha detto oggi a Repubblica [pdf] che si è dimesso per dedicarsi interamente a Torino e perché «non sono giusti i doppi incarichi, trasmettono un’idea sbagliata della politica ai cittadini». Molto sbagliata, considerato che comportano spesso il raddoppio delle indennità e compagnia bella. E il mio non è populismo da quattro soldi à la Grillo, sono convinto che i politici debbano essere pagati ragionevolmente per non avere tentazioni e fare bene il loro lavoro, ma semplice pragmatica: o fai una cosa, o fai l’altra.