Quelli della DDR lo capirono meglio degli altri e la chiamarono Trabant, satellite, compagna di viaggio. Non ne produssero molte, appena tre milioni in quasi trent’anni, e chi se ne poteva permettere una spesso doveva aspettare mesi interi prima di poterla ritirare e portare la famiglia a Vattelapescagrad. Andava trattata con cura, la compagna di viaggio, ché i ricambi erano difficili da trovare. Chi aveva una Trabant l’accudiva con cautela e sviluppava una certa dimestichezza con la meccanica, la cura della carrozzeria, la manutenzione delle gomme, la sostituzione delle lampadine dei fari, della catena di trasmissione, se necessario.
Qui, oltre il Muro, c’erano il consumismo e la voglia di cambiare auto dopo qualche anno. Di là, dall’altra parte del Muro, erano più fedeli alla loro compagna di viaggio, o forse avevano meno alternative: finché continuava ad avviarsi, a superare le salite, gli inverni gelati, i fortunali d’estate, le strade sterrate, finché continuava a sputare nuvole azzurre di fumo, ad ansimare in un sorpasso, finché consentiva a Tizio di andare a trovare la sua famiglia, finché c’erano benzina da comprare e i soldi per comprarla, non c’era motivo di acquistare una nuova Trabant.
E valeva per tutti quelli che ne avevano una. D’accordo, quasi tutti, e forse sto mitizzando la faccenda, però i numeri non mentono. Una compagna di viaggio della DDR su quattro ruote finiva dallo sfasciacarrozze, o iniziava una nuova vita come rudere o pollaio, mediamene dopo 28 anni di onorato servizio e chissà quante migliaia di chilometri.
Poi nel 2007 sono arrivati l’architetto Cino Zucchi e lo scenografo franco-svizzero Francois Confino, quello dell’allestimento del Museo del Cinema nella Mole, e le cose sono cambiate. Insieme sono riusciti a superare il problema di fondo di qualsiasi museo dell’auto, quello di mostrare fermi e immobili oggetti che sono stati studiati e realizzati per muoversi, per fare rumore, puzza e casino. Le automobili sono immerse in nuovi ambienti con costruzioni scenografiche efficaci e divertenti che ti fanno dimenticare il fatto che loro, le auto, continuano a starsene lì ferme immobili.
Ogni periodo storico è ben illustrato con immagini, filmati, ricostruzioni e cartelli brevi e chiari per spiegarti cosa stai osservando e per farti capire una cosa importante, che diamo spesso per scontata: nel bene e nel male le auto sono quei non luoghi dove passiamo un sacco di tempo, dove nascono e finiscono gli amori, e le vite delle persone, a volte. Sono una parte della nostra storia, della nostra esistenza. Trabant.