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Arrivi e partenze

Mike Bongiorno è morto poche ore fa. Un poco americano e un poco torinese, Mike era qualcosa di più di un semplice amico mediale. Non c’era una sostanziale differenza tra il personaggio offerto dallo specchio sporco della realtà e ciò che Bongiorno era nella realtà. Ed era proprio questa uniformità della persona e del personaggio a renderlo amato da milioni di telespettatori, ma anche mal sopportato da quanti lo ritenevano pedante e incapace di trasmettere simpatia.


Impressioni personali e soggettive a parte, Mike Bongiorno ha comunque segnato profondamente non solo la storia delle televisione italiana, ma di riflesso anche quella del nostro paese. Numerose analisi sociologiche e semiotiche, come la stracitata Fenomenologia di Mike Bongiorno scritta da Umberto Eco, hanno cercato di indagare ora a fondo ora superficialmente lo stretto legame tra la nostra storia e quella catodica, nella quale Mike ha rivestito un ruolo di prim’ordine.

Sul fronte maggiormente intimo e personale, invece, la recente autobiografia La versione di Mike offre un ritratto completo e affascinante di un uomo che ha attraversato un conflitto mondiale, la prigionia, i difficili anni della ricostruzione e il successo mediatico mantenendo nello spirito l’imprinting del sogno americano. Un sogno realizzatosi qui, oltre l’oceano, in Italia.