Barack Obama ha infine i numeri per ottenere la candidatura alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Mentre Hillary Clinton è l’avversaria sconfitta. Obama sarò alla convention di agosto di Denver con circa 2137 delegati pronti a votare per lui, una ventina in più rispetto al massimo necessario per ottenere la nomination. Solo qualche mese fa sconfiggere Hillary sembrava una difficile impres.
Per i giornali statunitensi la vittoria di Obama costituisca un momento storico per il paese, che in decenni di uguaglianza razziale almeno dichiarata non era mai riuscito a esprimere un candidato forte e credibile di colore. Ma quella di Barack Obama non è semplicemente una vittoria simbolica.
Obama è riuscito a infondere lo spirito e la voglia di una rinascita, offrendo un’idea di discontinuità, di un distacco dalla solita politica di Washington.
Obama è riuscito a trasmettere questo, a dare un’immagine di sé improntata sulla novità, benché lo stesso sia da tempo parte dei meccanismi della politica statunitense ad alto livello. Ma è quando si tratta di scegliere un candidato, un leader, che gli elettori abbandonano spesso il senso completo della realtà per abbandonarsi a chi li sappia coinvolgere e ridestare in loro la voglia di un futuro diverso.
La sfida che si apre ora per Obama non sarà comunque semplice. Obama avrà il compito di ricompattare il partito, diviso tra clintoniani e obamiani che per quasi sei mesi se le sono date di santa ragione per sostenre i loro candidati. Sarà probabilmente questa la sfida più difficile: dimostrare di aver rimesso insieme il partito e di essere pronti e compatti per la gara con McCain, il candidato repubblicano, che ha ormai iniziato ufficiosamente la sua campagna presidenziale.