Some facts about la Fiera Internazionale del Libro
emanuele menietti
Come da annuale tradizione, consumata già in tempi non sospetti quando l’evento si chiamava ancora aristocraticamente “Salone” e si svolgeva a Torino Esposizioni, ho triturato i miei menischi per alcune ore tra i padiglioni della Fiera Internazionale del Libro (da ora FdL per pigrizia). Ecco le considerazioni più (meno) salienti di quest’anno…
Grazie agli anni di sapiente marketing messi in campo da Ernesto Ferrero, andare alla FdL è diventato un fenomeno di moda, perché farsi le vasche tra i libri “fa figo”. Lo si nota chiaramente osservando le masse che si aggirano per gli stand. Un buon 85% sono veri e propri zombie che trascinano le loro stanche membra vedendo ciò che li circonda e mai guardando. Questi individui si accalcano principalmente negli stand delle grandi case editrici, osservando libri che potrebbero trovare benissimo nella libreria sotto casa. Il restante 15% vive la FdL, magari andandoci per più di un giorno, seguendo gli interventi in programma e andando a ricercare l’editore di nicchia, di cui difficilmente potrebbe sentire parlare in un comune negozio di libri.
In Italia sono molto più i libri stampati rispetto a quelli letti. Nell’oceano di titoli, pagine e copertine si trova veramente di tutto con continue ripetizioni di argomenti, persino di opinioni e autori. Una magnifica babele postmoderna che certo non fa rimpiangere le tavolette dei Sumeri, ma che proietta rapidamente il visitatore in una sindrome di Stendhal coi controfiocchi.
Stamo ner dumila, stamo… ma la FdL sembra ancora essere refrattaria all’ipertestualità. A parte rarissime eccezioni, ogni stand è un mondo a parte perfettamente compartimentato dagli altri. Non basta conferire un filo conduttore alla FdL per dare alla stessa un senso, per sottrarre la visita media a una semplice passeggiata in un enorme mercatino del libro. La mancanza di un percorso sotto la trama dell’evento risulta così un’occasione perduta, o per lo meno annacquata nei mille rivoli originati dalle singole iniziative di istituzioni e case editrici.
Beh, se non ci pensano loro, il senso può sempre trovarlo lo scarpinatore librario, potrà obiettare qualcuno. Ciò è vero in parte, ma nella realtà dei fatti il colossale programma di incontri, presentazioni e compagnia bella non lascia scampo al visitatore medio, che magari non ha molto tempo per pianificare la sua visita. In una giornata si addensano centinaia di appuntamenti, attraverso i quali è estremamente difficile districarsi e in questo il sito Web della FdL certo non aiuta. A che serve un semplice elenco in formato digitale degli eventi? Una mappa concettuale potrebbe forse aiutare, ma ancora una volta il “core” (per dirla all’inglese, non alla romana) della FdL si dimostra refrattario a una catalogazione differente del suo sapere, maggiormente moderna e accessibile.
La querelle sulla presenza di Israele alla FdL è stata montata come un albume pronto a trasformarsi in croccanti meringhe. Lo stand del paese ospite mediorientale occupa pochissimo spazio ed offre molte poche attrattive. Due terzi dell’area sono dedicati agli autori israeliani più famosi, mentre il restante terzo è maggiormente focalizzato sulle istanze israeliane per uno stato libero e in pace col turbolento vicinato. Lo stand è estremamente sciatto (le bandiere incollate con il nastro adesivo sono un autovilipendio al vessillo nazionale con la stella di David), visitato relativamente poco e senza particolare clamore. Il resto, polemiche comprese, si riduce a un gran can can mediatico e a tanta, tantissima, pubblicità gratuita per la FdL, con la grandissima gioia di Ferrero.
[Considerazione ad alto contenuto sessista, prima di bruciare lecitamente un reggiseno, be advised] Il libro tira, specie se è veicolato da gioiose, un pochetto discinte e attillate standiste. L’avvenenza di tali fanciulle sembra essere direttamente proporzionale al livello di conquibus detenuto dall’espositore. Complimenti dunque ad Alfa Romeo, Intesa-Sanpaolo e Friuli Venezia Giulia, che di libri ne stamperanno anche pochi, ma almeno sopperisco in maniera creativa.
I panini dell’Autogrill, concessionaria per il rifocillamento dei visitatori, hanno tra gli ingredienti quel tipico pizzico di antimateria come i loro omologhi delle piazzole autostradali. Pesantezza senza fine. Burp.
Tutto sommato, quella di Gutenberg continua ad essere una magnifica invenzione.