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Visit Italy

“Pliiis, visit Italy!” Ricordate? Era il videomessaggio del ministro dei beni culturali Rutelli che, con un inglese alquanto scricchiolante, invitava orde di turisti di tutto il mondo all’invasione delle nostre città. Il sogno del ministro era ambizioso: milioni e milioni di turisti pronti a scrostare a colpi di flash monumenti, affreschi, statue, quadri e qualsiasi bene posto sotto tutela dalle soprintendenze di tutta Italia.

Al grido di “Pliiis, visit Italy!”, ho trascorso una settimana in Toscana e Umbria per ammirare un infinitesimo del patrimonio artistico che tutto il Pianeta ci invidia. Durante il mio viaggio ho cercato di mettermi nei panni, anzi nei famigerati sandali, di un turista straniero.
Il primo ostacolo da abbattere per rendere fruibile una visita in terra straniera è indubbiamente quello linguistico. Francesi, tedeschi, polacchi, inglesi, greci, danesi, svedesi, norvegesi… Ho visto decine e decine di turisti stranieri completamente spaesati, trattati come sordi da vigili, ristoratori, guide turistiche incapaci di spiccicare una parola in inglese, ma pronti a urlare più forte nella pia illusione di rendere maggiormente comprensibile il loro italiano.

Il buon senso insegna che se proprio non sei in grado di farti capire, dovresti almeno provvedere a fornire informazioni semplici e coerenti. In molti musei che ho visitato, le tariffe esposte sui pannelli informativi non corrispondevano a quelle realmente applicate alla biglietteria. Ingressi gratuiti per studenti e insegnanti misteriosamente scomparsi, biglietti interi maggiorati senza una precisa indicazione e tariffe ritoccate “sulla parola” dell’addetto alle vendite.
A ciò si aggiunge che gli orari segnalati sui siti dei musei sono spesso differenti da quelli realmente osservati o assoggettati alla volontà dei custodi. Giunto all’una meno dieci alla casa natale del Vasari (Arezzo), ho dovuto visitare di corsa il piccolo museo nonostante l’ammissione fosse fino alle ore 13 e la chiusura dello stesso alle 13.30. I due custodi avevano evidentemente fretta di andarsene al mare.

Con la casa natale di Giacomo Puccini a Lucca ho avuto meno fortuna. Nonostante gli orari riportati sul sito della Regione Toscana, la piccola palazzina era completamente sprangata. Sulla porta d’ingresso c’era questo cartello dall’indubbia eloquenza:


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Una volta tornato a casa, ho fatto qualche ricerca scoprendo che la casa natale di Puccini è sottoposta da alcuni mesi a una profonda opera di restauro. Qualcuno dovrebbe avvisare la Regione Toscana, il cui sito continua a riportare i vecchi orari. Mettere un cartello più decoroso e meno “all’italiana” ci eviterebbe poi i tanti sorrisetti sardonici e il tipico “Tks, Italians...” dei turisti stranieri.

Generalmente non mi lamento per il prezzo dei biglietti di musei, mostre e palazzi storici. In un paese in cui la massiccia presenza di oggetti d’arte ha portato all’assuefazione, direttori e soprintendenze fanno i salti mortali per far quadrare i bilanci ogni anno.
Talvolta, però, le tariffe sono esosamente gonfiate senza un’apparente ragione. È il caso, ad esempio, del Palazzo Civico di Siena la cui visita – non guidata, in ambienti praticamente privi di didascalie – costa 7,00 euro. In fila davanti a me alla biglietteria c’erano 19 persone, in cinque minuti di coda Palazzo Civico ha incassato oltre 130€, non male. La domanda per la visita è enorme e di conseguenza i prezzi salgono..
Se volete visitare la Torre del Mangia, il simbolo di Siena, che appartiene sempre al complesso del Palazzo Civico, dovete ovviamente sborsare altro denaro, il biglietto è a parte. Per arrivare in cima alla torre dovrete salire 503 gradini e ognuno di essi vi costerà più di un centesimo di Euro: 6 euro per la scalinata.

Ah, fate pipì prima di visitare il complesso della Basilica di Assisi.


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Nei miei due minuti di permanenza in quell’ameno luogo ho contato 53 persone, 26 euro. Nel porta-asciugamani di carta speravo di trovare almeno un’indulgenza, ma niente da fare.