Amerigo Ormea uscì di casa alle cinque e mezzo del mattino. La giornata si annunciava piovosa. Per raggiungere il seggio elettorale dov’era scrutatore, Amerigo seguiva un percorso di vie strette e arcuate, ricoperte ancora di vecchi selciati, lungo muri di case povere, certo fittamente abitate ma prive, in quell’alba domenicale, di qualsiasi segno di vita.
Inizia così la giornata da scrutatore di Amerigo Ormea alla Piccola Casa della Divina Provvidenza “Cottolengo” di Torino. È il 1953 e le elezioni decreteranno il nuovo assetto politico della Nazione. Ad Amerigo è stato assegnato il difficile compito di vigilare sulla correttezza delle votazioni. Il pericolo più grande è rappresentato dai religiosi che potrebbero indurre le migliaia di infermi e minorati mentali del Cottolengo a votare per la Democrazia Cristiana.
La giornata da scrutatore di Amerigo sarà dura, la vista della moltitudine di infelici che popola il Cottolengo è destinata a cambiarlo profondamente.
Con un linguaggio asciutto e misurato, Italo Calvino ci conduce attraverso la difficile giornata di Amerigo, raccontandoci senza facili pietismi e moralismi l’incredibile varietà umana che consuma la propria esistenza tra le solide mura della Piccola Casa della Divina Provvidenza.
Il livello di immedesimazione è molto forte, non è quindi difficile identificare in Amerigo Ormea l’alter ego di Italo Calvino, che da candidato al PC nel 1953 aveva trascorso alcune ore all’interno del Cottolengo.
Il libro avrà una lunga gestazione. Nel 1961 Calvino torna alla “cittadella”, ma questa volta in veste di scrutatore. La vista di numerosi religiosi che aiutano i derelitti e i minorati a votare per la DC lo inorridisce. Sulla scia di quei terribili ricordi, Calvino riesce finalmente a scrivere il libro, che nel 1963 viene dato alle stampe.
Nella sua giornata da scrutatore Amerigo imparerà molte cose, non solo sugli altri e sulla politica, ma anche su sé stesso. Al nichilismo iniziale si sostituirà una nuova visione basata sull’antropologia e la natura umana. Su ciò che di vero e concreto giace al di sotto della patina delle ideologie. Forse la risposta passa per un viaggio. Lo stesso di Amerigo Ormea.
Amerigo, ora toccava a lui. Si strappò con sforzo dai suoi pensieri, da quella lontana zona di confine appena intravista – confine tra che cosa e che cosa? – e tutto quello che era al di qua e al di là sembrava nebbia.
– Un momento, – disse, con una voce senz’espressione, sapendo di ripetere una formula, di parlare nel vuoto, – è in grado l’elettore di riconoscere la persona che vota per lui? È in grado di esprimere la sua volontà? Ehi, dico a lei, signor Morin: è in grado?
– La solita storia, – disse il prete presidente – la Madre che sta qui con loro giorno e notte, gli chiedono se la conosce… – e scosse il capo, con una risatina.
zia elena
Ho letto questo libro quando frequentavo la terza liceo (29 anni fa!!!) commentandolo poi a lungo in classe con il nostro prof. di lettere.
Anche allora ci diede molti spunti di riflessione…
E’ vero, resta attuale anche adesso.
Zia Elena
luca
chiunque tu sia, hai lievemente storpiato la natura stessa del libro. Nel racconto non c’è nulla di rigenerante, nemmeno in un’epoca di politica schifosa come la nostra. Il viaggio di Amerigo (ammesso che di viaggio si possa parlare), è appena cominciato, e l’amore e l’antropologia sono solo delle risposte parziali, un pretesto, ma tutti quanti sappiamo che il giorno dopo lo scrutatore metterà nuovamente in crisi le sue certezze, perchè quel che cambia davvero in Calvino con questo libro non sono i contenuti, ma la proposta di metodo.
Detto questo, il libro è assolutamente importante e se ne consiglia la lettura…ma di certo non per uscirne rigenerati.
Luca