«”Oggi pomeriggio ho quasi inciampato in un serpente” mi ha detto Miss Shepherd. “Veniva su per la Parkway. Era lungo così e grigio; un boa constrictor, casomai. Aveva l’aria velenosa. Strisciava contro il muro e sembrava sapesse dove andava: secondo me puntava dritto verso il furgone”. Per fortuna Miss Shepherd non ha preteso che chiamassi la polizia, come fa ogni volta che succede qualcosa di insolito. Forse questa del serpente era troppo insolita (anche se poi si è scoperto che avevano scassinato il negozio di animali della Parkway; magari il serpente lo aveva visto davvero). È entrata in casa con la tazza e gliel’ho riempita; poi se l’è portata nel furgone. “Guardi, per sicurezza glielo dico subito, io coi serpenti me la sono vista brutta”.»
Miss Shepherd ha vissuto per diciotto anni in un furgone piazzato nel giardino di Alan Bennett, uno dei più grandi scrittori e autori teatrali britannici del Novecento. La signora nel furgone (The Lady in the Van) racconta questa insolita convivenza del grande drammaturgo con la sconclusionata Miss Shepherd, comparsa praticamente dal nulla nella vita di Bennett e destinata a restarvi fino ai suoi ultimi giorni da barbona.
Bennett affida ai suoi lettori il diario di questa insolita convivenza, con un piglio e uno humour tipicamente inglese. Attento osservatore, il drammaturgo inglese diventa un novello etologo e, sulle orme di Konrad Lorenz, annota con dovizia e sarcasmo la vita grottesca e strampalata dell’anziana barbona. Scopriamo così che il furgone di Miss S., ricolmo e trasbordante di rifiuti, emana un terribile fetore. Che per muoversi nel quartiere Miss Shepherd usa una sedia a rotelle, anche se potrebbe camminare normalmente. Che il pregevole copricapo che indossa, altro non è che un cestino di paglia ottagonale calcato sui suoi capelli bisunti. Che avrebbe tanto voluto scrivere al conclave per fare eleggere un papa anziano e alto, «”perché l’altezza conta, ai fini della saggezza”».
Bennett cerca costantemente di interpretare, di capire i pensieri di Miss S. L’impresa si rivela però una fatica di Sisifo. Non c’è modo di portare ordine nello sconclusionato comportamento dell’irritabile vecchietta.
Ma del resto, cos’è davvero la follia? Portare un cestino di vimini in testa e vivere tra i rifiuti, o accettare per diciotto lunghi anni la convivenza con l’arzilla Miss S.? Forse un po’ pazzi lo siamo tutti, ma non abbastanza da ammetterlo.
«Aprile 1989. In questo periodo nella lista della spesa di Miss S. ci sono sempre le caramelle al limone. Ne ho in casa un vasto approvigionamento, ma lei insiste perché io ne accumuli di più, in modo che non ci sia il rischio di restare senza. “Adesso mi piacciono quelle e non mi va di farne a meno”.
Le chiedo se vuole una tazza di caffè. “Ma no, non si disturbi. Me ne basta mezza”.»