«Se l’uomo è mortale, la colpa è del camaleonte. Racconta un’antica leggenda africana che i primi uomini mandarono due messaggerri al dio Somandhla. Erano Nwabu, il camaleonte, e Ntuli la lucertola. Avevano un incarico preciso. Nwabu andava a chiedere che l’uomo diventasse immortale. Ntuli doveva chiedere esattamente il contrario, che la vita umana non fosse illimitata, per lasciare spazio alle nuove generazioni. Il caso volle che il camaleonte si attardasse troppo lungo la strada e la lucertola giungesse per prima. Somandhla esaudì il suo desiderio. E così l’uomo divenne immortale.»
Gli amanti della scienza e degli animali devono fare i conti da un anno con l’assenza della grande capacità divulgativa di Isabella Lattes Coifmann.
Nata a Milano nel 1912 da genitori immigrati dalla Russia, Isabella Lattes Coifmann si laurea in Scienze Naturali all’Università di Napoli, da cui viene estromessa nel 1938 in seguito all’emanazione, da parte del regime fascista, delle leggi razziali. La giovane laureata inizia, sotto diversi pseudonimi, un’intensa collaborazione con la rivista scientifica Sapere della Hoepli.
Nei difficili anni della Seconda guerra mondiale, Coifmann si improvvisa maestra per insegnare ai bambini ebrei a leggere e scrivere. Autrice di numerosi saggi e pubblicazioni scientifiche, al termine del conflitto intraprende con convinzione la carriera giornalistica per comunicare i suoi primi pionierstici studi di etologia. Dall’aprile del 1963 al settembre del 1982 collabora con il giornale Il Mattino di Napoli, firmando più di quattrocento articoli di scienza e natura. Amata dal grande pubblico per il suo stile limpido e costantemente pervaso da una sottile ironia, nel 1981 approda sulle pagine di Tuttoscienze, ove firma il primo articolo in concomitanza con la nascita dell’inserto scientifico.
Con uno stile unico, autorevole e al tempo stesso divertito, questa amica degli animali raccontava abitudini e comportamenti del regno animale, dimostrando un’incredibile sensibilità per i piccoli dettagli. Per chi non vuole dimenticare la prosa avvincente dei suoi reportage, o per chi non ha mai avuto la fortuna di leggere i racconti di Isabella Lattes Coifmann, consiglio il bel libro Wildwatching – I miei viaggi tra gli animali. Il volumetto raccoglie un’attenta selezione dei quaderni di viaggio della grande etologa, in un itinerario ragionato che dalla calda terra d’Africa ci porta alle fresche brezze delle Galapagos, passando per l’insospettabile fauna di una metropoli come San Francisco.
Il libro non offre solo l’opportunità per imparare qualcosa di più sull’incredibile complessità dei comportamenti animali, ma anche la possibilità di conoscere meglio l’affascinante personalità della Coifmann. Forte e decisa, testarda a sufficienza da partire da sola per il caldissimo e umido Borneo, e pronta a compiere estenuanti scarpinate nella jungla per osservare in prima persona il comportamento dei primati.
Isabella Lattes Coifmann era una vera inviata speciale della natura, estremamente colta e sempre disponibile a condividere le sue conoscenze con tutti coloro che fossero interessati ad ascoltarla, o leggerla.
«Voliamo su una natura così fantastica che sembra appartenere a un altro pianeta. Montagne squadrate e brulle sulla cui cima par di vedere castelli turriti, cattedrali e minareti. Ma è solo un’illusione ottica. Qui non c’è nulla creato dalla mano dell’uomo, tranne il sentiero scosceso che attraverso mille tortuose giravolte porta a Supai, il pittoresco villaggio dove vive ancora oggi una tribù di indiani Havasupai, che fa parte ormai del folklore locale.
Ogni tanto, tra quelle strane forme montuose dalle pareti stratificate, che sembrano tagliate con l’accetta, riarse e senza vita, si apre una parentesi di azzurro, un laghetto, uno specchio d’acqua. E poi appare e scompare, come se giocasse a nascondino, il nastro serpeggiante del Colorado, l’artefice di tanta meraviglia, che scorre giù giù in fondo a una gola profonda.»