I giornali di carta hanno gli anni contati. Molti di voi ricorderanno la profetica affermazione di Arthur Sulzberger jr., editore del New York Times, che alcuni mesi fa ha fissato il 2013 come data per l’ultima edizione su carta del suo giornale.
Partendo da questo affascinante – ma al tempo stesso inquietante e forse improbabile – spunto, il giornalista Vittorio Sabadin ha scritto L’ultima copia del “New York Times”, un istant book con considerazioni e prospettive sul futuro del mondo dell’informazione.
Ma davvero i giornali su carta scompariranno entro pochi anni? Secondo Sabadin la profezia deve essere “ammorbidita” e inserita in una realtà, come quella dei fogli di informazione, altamente parcellizzata ed eterogenea. Le nuove generazioni, dagli anni Ottanta in poi, sono cresciute in un mondo completamente diverso, più flessibile e dinamico in cui ricevere informazioni è un’esperienza immersiva, un flusso che non cessa mai di esistere durante tutta la giornata. I ventenni di oggi sono diventati adolescenti con Internet, facendo proprio il concetto di conoscenza condivisa (come Wikipedia), sperimentando la possibilità di avere costante accesso al sapere. Per questa generazione diventa sempre più difficile accettare l’idea di dover pagare per essere informati. Perché comprare un quotidiano se smanettando sul Web posso trovare, in tempo reale, tutte le notizie che voglio?
Le redazioni dei grandi giornali, dice Sabadin, dovranno avere il coraggio di reinventarsi, di smetterla di guardare in cagnesco le piccole redazioni web che germinano al loro interno. Dovranno tener conto della natura apolide e biunivoca del Web, instaurando contatti con blog, associazioni online e singoli cittadini per creare una nuova mediasfera. A quel punto quello della scomparsa dell’edizione cartacea diverrà l’ultimo dei problemi.
«Se i giornalisti staccassero i loro occhi dai telegiornali e dalle agenzie che scorrono sui loro terminali e dedicassero anche solo un po’ di tempo alla lettura dei blog, forse capirebbero meglio di che cosa parla la gente e che cosa interessa davvero ai lettori. E forse potrebbero scoprire qualche ottimo reporter, che non lavora ancora nei giornali solo perché non ha trovato il modo di entrarvi.» [Vittorio Sabadin, “L’ultima copia del New York Times”, Donzelli Editore, Roma 2007, p. 119]