BBC ha dedicato uno spazio speciale della sua programmazione, e una sezione del suo sito Web, al conflitto che da anni riguarda l’Africa centro-orientale. Nelle principali edizioni dei TG italiani la notizia del Global Day for Darfur è stata però diffusa con brevi interventi da studio, senza servizi (o approfondimenti) e con immagini di repertorio.
Mentre ancora si discute se quello del Darfur sia un genocidio o meno, quattro milioni di persone vivono in condizioni disumane, soffrendo quotidianamente la fame, la sete e la mancanza di strutture idonee per ricevere un minimo di assistenza sanitaria. In queste condizioni, nello sterminato campo profughi di Otash, vivono centinaia di migliaia di sfollati. Erano gli abitanti di una quarantina di pacifici villaggi, che ora non esistono più, rasi al suolo dalla forza devastante e omicida dei Janjaweed.
Milioni di persone non possono fare ritorno alle loro case, ai loro villaggi, non solo per motivi di sicurezza, ma semplicemente perché tutto ciò che avevano costruito in una vita di lavoro non esiste più. Terra bruciata. Come la speranza.
Ringrazio ancora gli amici blogger che, anche in questa occasione, hanno dimostrato la loro sensibilità partecipando con interventi, post, e-mail e altre attività allo spirito del Global Day for Darfur. Ho sostituito il banner della manifestazione con una nuova immagine così, chi lo vorrà, potrà continuare ad ospitare sul proprio blog il link per partecipare alla petizione sul Darfur.
Un ringraziamento particolare va allo staff della Stampa.it e ad Anna Masera, che – su segnalazione mia e di IB4D – hanno preso a cuore l’iniziativa, dedicando al Global Day for Darfur articoli, approfondimenti e una ricca sezione multimediale, nonché un rimando nell’edizione cartacea della Stampa di domenica.
Grazie a tutti!